A new ProZ.com translation contests interface is currently in development, and a preview contest is underway. Click here to visit the new interface »

Previous ProZ.com translation contests

French » Italian - 3 finalists


"L'éveil" by joaquim. http://www.cafe-eveil.org 285 words
Lorsqu'on sent l'éveil tout proche, mais qu'on n'est pas “dedans”, on a envie d'y “entrer”. Et c'est justement cette envie qui nous maintient “au-dehors”, car elle souligne notre frontière avec ce Tout dans lequel on aimerait s’immerger. En fait, il faut ne pas vouloir y entrer. Il ne suffit pas de ne pas vouloir y entrer: il faut ne pas vouloir y entrer. La passivité ne mène à rien. Il faut être actif, mais une activité entièrement occupée par l’attente — plus encore, entièrement satisfaite par l’attente. Bien souvent, on sent monter en soi une vague dont on pense qu’elle pourrait nous propulser au-delà de soi. Et on se met en tâche de la renforcer. C’est là qu’on gâche tout. Comme si elle avait besoin de notre aide. Quelle arrogance. Et pourtant, elle a besoin de nous. De notre présence. Elle a besoin qu’on soit là, qu’on se tienne face à elle, qu’on croie suffisamment en soi et qu’on s’aime assez pour rester ainsi tout nu face à elle, sans rien lui apporter, que notre seule présence. Tout est là. On est encore face à “rien”, et à ce moment-là, ce qui est, au sens fort, c'est notre attente. Non pas son but, mais l’attente elle-même. Tout le reste, ce sont des projections du désir. De l’évanescent. Mais l’attente, elle, est réelle. Si on parvient à la laisser seule être, à prendre appui sur elle, et non pas sur l'objet qui la soulagerait, on prend appui sur la seule parcelle d'être qu’on a à sa disposition. Aussitôt qu’on le fait, qu'on pose le pied sur la réalité de cette attente, c’est comme si le fond de la conscience cédait, et nous faisait basculer dans l'Être.

The winning and finalist entries are displayed below.To view the like/dislike tags the entries received simply click on the "view all tags" link on the right hand corner of each entry.

You can leave your feedback for this pair at the bottom of the page.

Congratulations to the winners and thanks to all the participants!






Entry #1 - Points: 26 - WINNER!
View all tags
Quando si sente imminente il risveglio, ma non si è “dentro”, si ha voglia di “entrarvi”. Ed è proprio tale voglia a tenerci “al di fuori”, poiché sottolinea il nostro confine con quel Tutto nel quale si aspira a immergersi. In realtà, il segreto sta nel non volervi entrare. Non è sufficiente non desiderarlo: è necessario desiderare di non entrarvi. La passività non conduce a nulla. Si deve essere attivi, ma di un’attività interamente occupata dall’attesa, o meglio, interamente soddisfatta dall’attesa. Molto spesso, sentiamo salire in noi un’onda che riteniamo in grado di poterci proiettare al di là del nostro essere e ci impegniamo a rafforzarla. È qui che tutto si perde. Come se avesse bisogno del nostro aiuto. Che imperdonabile arroganza. Eppure ha bisogno di noi, della nostra presenza. Ha bisogno di sentirci vicini, di fronte a lei, che si creda sufficientemente in sé e che ci si ami abbastanza per restare così, completamente nudi al suo cospetto, recando con noi la nostra sola presenza. Sta tutto lì. Si è ancora di fronte al “nulla” e in quel momento, in senso stretto, esiste solo la nostra attesa. Non il suo scopo, ma l’attesa stessa. Tutto il resto, non sono altro che proiezioni del desiderio. Pura evanescenza. Ma l’attesa, lei sì, è reale. Se si riesce a lasciare che soltanto essa sia, appoggiandosi su di essa e non sull’oggetto che la allevierebbe, ci si appiglia alla sola particella d’essere che si ha a disposizione. Non appena ciò accade e si posa il piede sulla realtà di tale attesa, è come se il fondo della coscienza cedesse, facendoci precipitare nell’Essere.



Entry #2 - Points: 24
View all tags
E’ quando sentiamo che il risveglio è vicino, ma non siamo “dentro”, che vogliamo “entrarci”. Ed è proprio questa voglia che ci mantiene "al di fuori”, perché mette in luce il limite tra noi e questo Tutto nel quale vorremmo immergerci. In effetti, bisogna non voler entrare. Non basta non voler entrare: bisogna voler non entrare. La passività non porta a niente. Bisogna essere attivi, ma di un’attività completamente presa dall’attesa – non solo, completamente soddisfatta dall'attesa. Molto spesso, sentiamo salire dentro di noi un’onda che pensiamo potrebbe spingerci oltre noi stessi. E ci impegnamo per rafforzarla. E’ lì che roviniamo tutto. Come se avesse bisogno del nostro aiuto. Che arroganza. Tuttavia, ha bisogno di noi. Della nostra presenza. Dobbiamo esserci, rimanere di fronte a lei, credere sufficientemente in noi stessi e amarci abbastanza per restare così, completamente nudi di fronte a lei, senza portarle altro che la nostra presenza. E’ tutto lì. Siamo ancora di fronte a “niente” e in quel preciso istante, ciò che è, nel vero senso, è la nostra attesa. Non il fine, ma l’attesa stessa. Tutto il resto, sono proiezioni del desiderio. Dell’evanescente. L’attesa, però, è vera. Se riuscissimo a lasciarla solamente essere, ad adagiarci su di lei, e non sull’oggetto che la soddisfa, possiamo appoggiarci su quell’unica parte dell’essere che abbiamo a nostra disposizione. Immediatamente dopo averlo fatto, dopo aver messo piede sulla realtà di questa attesa, è come se il fondo della coscienza cedesse, e ci facesse cadere nell’Essere.




Entry #3 - Points: 2
anonymousView all tags
Quando sentiamo che il risveglio è dietro l'angolo, ma non ci stiamo "dentro", abbiamo voglia di "entrarci". Ed è proprio questa voglia che ci tiene "al di fuori", perché evidenzia il nostro confine con quel Tutto in cui vorremmo immergerci. In realtà bisogna non volerci entrare. Non basta non volerci entrare: bisogna non volerci entrare. La passività non serve a niente. Bisogna essere attivi, ma di quell'attività tutta assorbita dall'attesa - di più: tutta soddisfatta dall'attesa. Molto spesso sentiamo salire dentro di noi un'onda che crediamo capace di scaraventarci oltre noi stessi. E ci mettiamo con cura a rinforzarla. E' così che mandiamo tutto in malora. Come se quella avesse bisogno del nostro aiuto. Bella arroganza. Eppure ha bisogno di noi. Della nostra presenza. Ha
bisogno che ci siamo, che le stiamo davanti, che crediamo abbastanza in noi stessi e che ci vogliamo bene a sufficienza per restare così, nudi davanti a lei, senza portarle nulla al di fuori della nostra presenza pura e semplice. E' tutto lì. Stiamo ancora davanti a "niente", e in quel momento quello che è, nel senso forte, è la nostra attesa. Non il suo obiettivo, ma l'attesa stessa. Tutto il resto sono proiezioni del desiderio. Cose evanescenti. Ma l'attesa, quella è reale. Se riusciamo a lasciarla essere, da sola, ad appoggiarci su di lei, e non sull'oggetto che le porterebbe sollievo, ci appoggiamo sull'unico frammento di essere che abbiamo a disposizione. Appena fatto, appena posato il
piede sulla realtà di questa attesa, è come se il fondo della coscienza cedesse e ci facesse
precipitare nell'Essere.



« return to the contest overview



Translation contests
A fun way to take a break from your normal routine and test - and hone - your skills with colleagues.